lunedì 24 dicembre 2007

Giustizia antifemminista

In questo caso P.M. e Giudice fanno capire bene come si reagisce al femminismo, quando vuole punire a caro prezzo qualsiasi esuberanza maschile.
Capo d'imputazione così concepito:
Tizio è imputato di due reati:
"Capo a) reato di cui all'art. 660 C.P., perché, in luogo pubblico, costituito dalla Via ... di xxx (siamo in pieno centro di una città importante n.d.r.), per petulanza e per biasimevoli motivi, recava moplestia e disturbo a Caia, palepeggiandola da tergo nella parte dei genitali, nonché dicendole: "Dimmi dove abiti che vengo a trovarti per fare una scopata".
"Capo b) del reato di cui all'art. 726 C.P. perché, in luogo pubblico, costituito dalla via suindicata, compiva atti osceni: all'uopo, egli, dopo avere palpeggiato Caia, chiesto da questa di togliersi gli occhiali da sole al fine di farsi riconoscere, gli rispondeva: "Se vuoi riconoscermi, riconoscimi da questo" e, nel pronunciare tali parole, si abbassava i pantaloni mostrando i propri genitali".
Rinviato a giudizio, P.M. e difesa proponevano un patteggiamento alla pena di una piccola ammenda ed il giudice accettava tranquillamente di chiudere così l'increscioso episodio.

giovedì 20 dicembre 2007

Con il concorso di colpa della vittima la condanna è dimezzata.

Si tratta di una sentenza per il reato di omicidio colposo, causato da inosservanza di norme sulla circolazione stradale.
Il Tribunale monocratico accerta che anche la vittima ha effettuato manovra scorretta e valuta il concorso di colpa di questa nella misura del 50%.
Quando passa alla determinazione della pena, il giodice ritiene che possano concedersi attenuanti generiche, ma solo equivalenti all'aggravante contestata, "in ragione del disinteresse manifestato nei confronti dell'odierna vicenda processuale.
Con ciò non si vuol dire che da un'opzione di strategia processuale più che lecita possano trarsi elementi di giudizio di disfavore nei confronti dellì'imputato, ma soltanto come la suddetta opzione non possa essere considerata quale fondamento per la concessione di un istituto premiale.".
Arriva poi il momento in cui il giudice deve decidere che pena sia giusta. Ed ecco il ragionamento:
"...... inducono a ritenere equo commisurare la pena infliggenda al ... nel seguente limite: all'odierno imputato dovrà essere inflitta la pena di anni 1 (uno) e mesi 4 (quattro) di reclusione. Tale pena dovrà essere ulteriormente ridotta (ma quale era la precedente riduzione? ndr.) in ragione del concorso di colpa del ::::, quantificato nella misura del 50% (cinquanta per cento), sino all'entità di mesi 8 (otto) di reclusione."
Anche per la richiesta e concessa provvisionale il ragionamento non cambia. Infatti "la provvisionale viene determinata equitativamente nella seguente maniera: € 250.000 (duecentocinquantamila), per la parte civile .... .-., da ridursi, in ragione del già evidenziato concorso di colpa del deceduto :::, determinato nel 50% (cinquanta per cento), sino all'entità di € 125.000 (centoventicinquemila)."
Quando si dice giurisprudenza creativa ......

mercoledì 19 dicembre 2007

Altro giudice di pace ed altre parole in libertà

Si tratta dell'ennesimo processo per ingiuria in ambito condominiale. In questo caso l'epiteto usato dall'imputato nei confronti di una vicina è "brutta nana racchia".
Ecco la parte centrale della motivazione, punteggiatura inclusa:
"Il giudice di pace nella motivazione secondo i manuali deve procedere ad una selezione dei materiali acquisiti nel dibattimento, con analisi semantiche, calcolo combinatorio e conclusioni di fatto e diritto.
Si tratta di reato perseguibile a querela 594 cp per cui il soggetto si sente leso nel suo onore definibile il concetto che ciascuno dei cittadini di questo stato, ha della propria dignità morale e designa quella somma di valori morali che l'individuo attribuisce a se stesso, mentre pari dignità viene attribuita all'aspetto fisico che contribuisce parimenti a determinare il pregio dell'individuo in cui vive.
Non è lecito quindi contestare un vizio o un difetto anche se rispondenti a verità. Bisogna quindi tener conto di quella media convenzionale che si trova quindi in quell'insieme sociale del nostro territorio.
Nello specifico le frasi ingiuriose sono state percepite dalla persona offesa e pronunciate con Animus iniurandi, recando offesa all'altrui patrimoni (sic) morale"
C'è solo da sperare che il povero giudice di pace non venga querelato per quell'affermazione sulla verità degli apprezzamenti rivolti dall'imputato alla parte offesa.
Per il resto non c'è rimedio.

Parole in libertà di un giudice di pace

Motivazione di una sentenza del giudice di pace di XXX in un processo per ingiuria conclusosi con il proscioglimento per avvenuta riparazione.
"All'udienza del ... , preliminarmente, l'imputata Tizia per l'estinzione del reato ex art. 35 del D.L.vo n. 274/00, offre e deposita in banco judicis la somma contante di € 400,00, chiedendo che il Giudice decida in merito.
Il G.d.P., valutato il capo di imputazione, sentita a riguardo la P.O., ritenuta congrua la somma offerta, consegna in banco judicis alla P.O., Caia, n. 4 banconote da € 100,00 cadauno per un totale di € 400,00.
A questo punto il G.d.P., si ritira in Camera di Consiglio e dopo breve sospensione, dà lettura in pubblica udienza del dispositivo della sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'attività risarcitoria offerta dall'imputata veniva ritenuta idonea a soddisfare le esigenze di riprovazione (sic) del reato, pertanto, accertata l'avvenuta attività risarcitoria, tramite la consegna alla P.O. della somma di € 400,00, il reato deve essere dichiarato estinto ai sensi dell'art. 35 del D.L.vo 274/00 per intervenuta condotta riparatoria del danno cagionato dal reato."

La moglie separata ha diritto all'assegno anche per i figli defunti.

Tizio e Caia decidono di separarsi consensualmente. Hanno due figlie minori e stabiliscono che queste vivranno con la madre, mentre il padre pagherà mensilmente per il loro mantenimento un assegno di 1.200 Euro. Omologata la separazione, dopo alcuni mesi, la prima delle figlie muore.
I due disperati genitori provvedono al funerale ed alle spese conseguenti ed elaborano, ciascuno per suo conto, il lutto.
Trascorso altro tempo, il marito chiede al Tribunale, visto che gli è rimasta solo una figlia, la riduzione alla metà dell'assegno stabilito o comunque una riduzione di esso. Il Tribunale, con una sentenza redatta dallo stesso Presidente, rigetta il ricorso con questa motivazione:
"Non sembra possibilre prezzolare la morte di una giovane figlia per ridurre in corrispondenza ed in proporzione gli assegni concordati. Il Tribunale non è in grado di assolvere ad un tale compito, allorquando la ragione prevale sul sentimento. Se alla morte di una giovane da un lato si riducono le esigenze della madre per il venir meno della necessità dell'accudienza (sic), dall'altro si sostituiscono fiori e preghiere, dolori e pianti che solo la partecipazione del padre, ancorché separato, può lenire".
Naturalmente si dà per scontato che i costi di fiori e preghiere per la figlia defunta saranno affrontati soltanto dalla madre, il padre essendo per definizione un duro di cuore.
Mi tocca l'obbligo di precisare che il Presidente estensore di tale monumento giuridico è un uomo e quindi il femminismo qui non c'entra nulla.

martedì 18 dicembre 2007

Storielle del parco.

E' un giorno del mite settembre 2004 in una città bagnata dal mare.
E' proprio l'ora della siesta, le due del pomeriggio, e la poliziotta Tizia si avvia in sella alla sua bicicletta verso il Commissariato dove dovrà prendere servizio, attraversando i vialetti di un bel parco cittadino, molto più piacevoli dell'asfalto.
Quando, all'improvviso, deve stropicciarsi gli occhi incredula di quello che sta vedendo: un biondo, dall'aria germanica, è seduto su una panchina, con le gambe aperte e allungate, i pantaloni aperti ed abbassati, il capo reclinato all'indietro, la mano sotto i pantaloni che si agita in un movimento "sussultorio" inequivocabile.
La brava poliziotta chiama i suoi colleghi, che procedono ad identificare e denunciare il biondo e, quindi, inevitabilmente, si procede nei suoi confronti per atti osceni in luogo pubblico.
Il giudice dà atto che le circostanze riferite dalla poliziotta sono veritiere, che l'azione contestata, per il luogo ed il tempo in cui si è verificata, era chiaramente visibile a tutti coloro che fossero passati in quel momento nel parco pubblico, ma, tuttavia, è attanagliato da un dubbio: "Siamo sicuri "sull'effettiva manovra" dell'imputato? La risposta ve la trascrivo: "Non si ritiene sufficientemente provato il fatto masturbatorio dal solo movimento visto dall'agente. Resta però certamente provato l'atto in sè che rileva comunque per la sua oscenità intrinseca. Si deve però ora analizzare l'accaduto naturalistico, sotto il profilo dell'elemento soggettivo e così rilevare che il mettersi una mano sotto i pantaloni e muoverla (per qualsivoglia motivo che non sia una masturbazione) può, da un lato, essere certamente considerata (sic) oscena e, dall'altro, essere posta in essere senza volere o prevedere che effettivamente essa (sic) sia potenzialmente vista da qualcuno e considerata esibizionistica".
Nel dubbio amletico così plasticamente esposto (che equivarrebbe a dire che se fosse stata autentica masturbazione l'imputato sarebbe stato colpevole, ma se si trattava di semplice esibizione no), l'ameno giudicante assolve il biondo tedesco dall'imputazione di atti osceni, ritiene l'ipotesi colposa dell'art. 527 c.p. e, ignorando che le sanzioni amministrative le determina il Prefetto, lo condanna alla sanzione amministrativa pecuniaria di 200 Euro, riservandosi ben 30 giorni per la redazione di questa monumentale motivazione.

giovedì 13 dicembre 2007

La recidiva e la continuazione le valuto a modo mio.

Tribunale di XXXXX. Giudice monocratico recentemente valutato positivamente per la promozione a funzioni superiori. Deve giudicare un imputato di rapina pluriaggravata commessa nel 2006 e vari furti, tentati e consumati, con recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale ed aggravata. Nella motivazione della sentenza l'imputato viene così descritto: "l'insistenza nel continuare a rubare nelle auto parcheggiate forzando le serrature ed infrangendo i finestrini .... l'insistenza nel volere rapinare la coppia in auto, che lo ha spinto a seguire l'auto anche dopo che era partita e si era impantanata, unitamente ai reiterati precedenti per rapina, commessa anche con armi, evidenziano la pericolosità dello stesso". A questo punto ci si aspetterebbe una condanna a pena esemplare ed, invece, ecco il calcolo della pena: "pena base per il reato di rapina aggravata anni 4, mesi 6 ed € 1.050 (pena detentiva al minimo edittale n.d.r.) + 1 mese ed € 150 per la partecipazione di oltre cinque persone (art. 112 c.p.). A tale pena detentiva dovrebbe aggiungersi un aumento di due terzi e, cioè di 3 anni per effetto della riconosciuta recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale aggravata come previsto dal quarto comma, in riferimento al secondo comma dell'art. 99 c.p.; invece il nostro ritiene sufficiente aumentare la pena solo di un anno e mezzo (sconto del 50%) e, non contento di questo, ignorando anche il quarto comma dell'art. 81 c.p. che, in questi casi, prevede l'aumento per la continuazione non inferiore ad un terzo della pena per il reato più grave, calcola l'ulteriore aumento per tale causa in soli mesi 8, invece che in mesi 18 come sarebbe stato corretto, anche volendo aumentare la pena nel minimo possibile. Quale sarà la ragione di tanta benevolenza, pur dopo avere descritto l'imputato come un bieco figuro? Forse il povero giudice non ha avuto il tempo di studiare le più recenti modifiche agli artt. 81 e 99 c.p.? Ma si tratta di leggi regolarmente in vigore da tempo (due anni per l'esattezza). Possibile che nessuno gli abbia detto niente?

mercoledì 12 dicembre 2007

Carcere si, carcere no

Tribunale di xxxxxx. L'imputato nnnn deve rispondere di due reati: Capo a) di avere minacciato un tizio ponendogli un coltello con lama di 25 centimetri puntato al collo; capo b) di avere portato in luogo pubblico il coltello suddetto con l'aggravante di avere commesso il reato per commettere il reato al capo a). Il giudice ritiene l'imputato colpevole dei due reati e stabilisce che possono concedersi per entrambi le attenuanti generiche equivalenti alle rispettive aggravanti. A questo punto il reato sub a) diventa una minaccia semplice punita con la sola multa, mentre il reato al capo b), riguardante un'arma da taglio, risulta punibile, ai sensi del'art. 4 della legge 110/75, con arresto ed ammenda. Ma forse questo il giudice non lo sa, nonostante sia stato recentemente valutato positivamente per la promozione e l'idoneità alle funzioni di appello e neppure lo vuole sapere sfogliando semplicemente un qualsiasi codice, così, condanna l'imputato alla pena di giorni 20 di reclusione per il delitto al capo a) (pena base gg. 30, meno un terzo per il rito abbreviato), ed alla pena di € .... di ammenda per la contravvenzione al capo b), sul presupposto che il coltello con lama di 25 centimetri non sia un'arma da taglio, ma un semplice strumento atto ad offendere come una semplice bacchetta di legno. Bello, vero? In fondo il risultato, per l'imputato, sarebbe lo stesso, visto che si tratta pur sempre di una pena detentiva e di una pena pecuniaria. Vagli a spiegare la differenza tra arresto e reclusione e le quisquilie sui diversi termini di prescrizione e sulle diverse modalità di esecuzione della pena. De minimis non curat pretor e neppure giudice monocratico.

martedì 11 dicembre 2007

Come ti salvo il recidivo.

Tribunale di xxxx. Sentenza nei confronti di nnnnn, imputato di clonazione di carte di credito e falsificazione di documenti, al quale è stata contestata la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale. Dispositivo della Sentenza: "Dichiara nnnnn colpevole dei reati ascrittigli e, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva, riuniti gli stessi sotto il vincolo della continuazione e valutata più grave l'ipotesi di cui al capo A), lo condanna alla pena di un anno di reclusione ed € 400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa alle condizioni di legge. Motivi riservati in giorni 40".
Prima osservazione: l'imputato era stato sorpreso in flagranza mentre utilizzava la carta di credito clonata ed aveva subito mostrato alle forze dell'ordine il documento falso. Pertanto la prova del reato e della responsabilità era di una semplicità assoluta e non giustificava in alcun modo la riserva di motivazione in 40 giorni.
Seconda osservazione: avendo il giudice riconosciuto la sussistenza della recidiva contestata (specifica reiterata ed infraquinquennale) era impossibile ipotizzare che l'imputato potesse fruire della sospensione condizionale della pena.
Ma la cosa più esilarante viene dalla motivazione, che cito testualmente: "tenuto conto delle circostanze attenuanti generiche, riconoscibili vista l'assenza di precedenti penali, che si considerano equivalenti alla contestata recidiva (cioè quella specifica, reiterata infraquinquennale n.d.r.), si stima equa una sua condanna ad un anno di reclusione ed € 400 di multa (Pena base un anno di reclusione ed euro 600 multa; ridotta ex art. 62 bis c.p. a mesi otto ed euro 400 multa (ma le generiche non erano equivalenti alla recidiva? n.d.r.); aumentata come sopra per la continuazione (ma la multa non aumenta neppure di un euro! n.d.r.). Sussistono i presupposti (quali? n.d.r.) per l'applicazione del beneficio della sospensione condizionale."
E pensare che ci ha riflettuto sopra per ben quaranta giorni e che si tratta di un giudice togato e già valutato positivamente per le funzioni di appello!!!!!!

Come ti calcolo la pena per un parricida.

E' la sentenza di un G.U.P. di un piccolo Tribunale di provincia, in un territorio in cui non ci sono più di due omicidi l'anno di media. Si penserebbe che almeno per questo tipo di reati, il G.U.P. dovrebbe stare più attento, visto che sta decidendo su anni di galera ed invece.....
Il nostro G.U.P., togato e sempre valutato molto positivamente nei suoi avanzamenti in carriera, stabilisce per prima cosa la pena base del calcolo in 27 anni (la pena edittale prevista dal codice in questi casi va da un minimo di 21 ad un massimo di 24 anni n.d.r.). Da questa pena decide di detrarre 4 anni per l'attenuante della provocazione (senza motivare perché proprio 4 anni e non 9 che pure avrebbe potuto detrarre); poi stabilisce che l'imputato meriti un'altra diminuzione di pena per l'attenuante del risarcimento del danno e anche per questa pensa di detrarre 4 anni (senza motivare perché, visto che avrebbe potuto detrarre fino a 7 anni ed otto mesi dalla pena di 23 anni residua); poi decide di diminuire la pena per attenuanti generiche stavolta di 6 anni (chissà perché diventa più generoso, visto che anche stavolta non espone alcuna motivazione, anche se avrebbe potuto detrarre anche altri 4 mesi dalla pena residua di 19 anni, frutto delle precedenti diminuzioni). Ma qui arriva l'incredibile. Infatti, sommando le tre diminuzioni di pena (4 + 4 +6 = 14) ed operando la sottrazione dai 27 anni di pena base, chiunque si aspetterebbe che la pena voluta da questo giudice sia di 13 anni. Invece no! Il nostro ha fantasia anche matematica e, quindi, stabilisce che pena giusta sia quella di 15 anni e su questa opera l'ulteriore diminuzione dovuta al rito abbreviato. Che dire di questo modo di giudicare? Capisco che i magistrati hanno tante cose da fare e poco tempo per farle. Ma qui non si trattava del solito furtarello o della vendita di borse false; si trattava di omicidio, anzi di parricidio! Possibile che neppure in questi casi, rari ed estremi per un giudice di provincia, si presti un minimo di attenzione per fare una sentenza che non sia un obbrobrio, non solo giuridico, ma anche aritmetico?

Presentazione.

Temi, Dea della Giustizia, oggi vituperata ed intollerabilmente lenta, è la divinità alla quale ho consacrato due terzi della mia vita. Una volta se ne aveva rispetto e timore; oggi si gioca a dileggiarla ed a renderla assurda e ridicola. Questo blog vuole essere una rassegna di errori piramidali ed incredibili, che possono talvolta anche divertire, ma che più spesso, e non solo agli addetti ai lavori, fanno riflettere sul livello di superficialità, ignoranza ed assurdità che viene serenamente raggiunto da alcuni "sacerdoti" di questa sfortunata dea, che hanno superato, nel corso della loro carriera, ed in modo spesso altamente positivo, le valutazioni previste per i progressivi avanzamenti.
Se qualcuno mi leggerà, forse non crederà che le cose che dico siano vere. Ma, invece, purtroppo, tutte le notizie sono autentiche e documentate, anche se, per prudenza, mi asterrò dal pubblicare la fonte di provenienza delle decisioni. Se qualcuno capiterà su questo blog e lo troverà di un qualche interesse, lo prego di scrivermi per eventuali commenti e ulteriori notizie di cui viene a conoscenza. Grazie.