mercoledì 19 marzo 2008

Finché c'è guerra c'è speranza.

Questa potrebbe sembrare una storia singolare, ma vi assicuro che è plurale, nel senso che non è un caso unico, ma è un modello al quale molti avvocati, specialisti in diritto di famiglia, si stanno ispirando.
Mi è venuta in mente leggendo un commento di Anonimo (Avv. Cosimo Saracino che ringrazio e saluto cordialmente), che riteneva che le "cose da pazzi" fossero esclusive dei civilisti.
In realtà questi specialisti del diritto hanno molto da insegnare.
La storia comincia con una normale causa di separazione tra coniugi davanti ad un Tribunale ordinario.
Entrambi dimostrano di essere quasi poveri e vedono riconosciuto il diritto al patrocinio a spese dello Stato. Alla prima udienza il Presidente dà i soliti provvedimenti provvisori sull'affidamento (condiviso) e sull'assegno di mantenimento.
Parte il primo reclamo ex art. 708 c.p.c. e la Corte conferma i provvedimenti presidenziali.
A questo punto la moglie si rivolge al Tribunale per i minorenni contestando il diritto del marito a vedere il figlio, perché è violento ed inadatto al ruolo di padre. Il Tribunale minorile, dopo una breve istruttoria, decide che entrambi i genitori sono inadeguati al ruolo ed affida il figlio minore ai Servizi Sociali, pur lasciandolo collocato nella casa coniugale assegnata alla madre.
Reclamo di entrambi i genitori, con motivazioni diverse, alla Corte minorile per invocare la revoca del decreto e stabilire che, a seconda delle difese, l'uno o l'altro dei genitori fosse l'unico a potersi occupare del minore.
Decreto della Corte d'Appello minorile di revoca dell'impugnato decreto, perché emesso da giudice incompetente per materia, sul presupposto che non sussisteva alcuno dei presupposti previsti dagli artt. 330, 333 c.c. e, quindi, riconoscimento della validità ed attualità delle decisioni del Presidente del Tribunale ordinario (intanto il procedimento è passato al G.I., al quale le parti rivolgono diverse istanze di modifica delle statuizioni presidenziali).
Ma il difensore della madre ricorre nuovamente al Tribunale minorile dicendo che ci sono altri elementi per escludere il padre da alcun rapporto con il figlio perché non si è sottomesso al percorso di recupero della genitorialità prescritto dal Tribunale minorile.
Altro decreto dello stesso Tribunale che, preso atto che il padre non si è presentato agli appuntamenti con il servizio sociale che doveva recuperarlo al ruolo di padre, reitera l'affidamento del minore al servizio sociale, collocandolo nuovamente in casa della madre, e prescrivendo al padre un nuovo percorso di recupero del suo ruolo.
Altro ricorso alla Corte minorile di entrambi i genitori, ciascuno per sostenere che non ci sono i presupposti per l'affidamento ai servizi sociali e rivendicando l'affidamento in via esclusiva del povero figlio.
Nuova decisione della Corte minorile che ribadisce l'incompetenza per materia del Tribunale minorile per carenza dei presupposti ex artt. 330 e 333 c.c. e, quindi, nuova rivitalizzazione degli originari provvedimenti provvisori del Presidente del Tribunale ordinario.
Nel frattempo il Tribunale ordinario, al quale nessuno ha comunicato le decisioni della Corte minorile, all'esito del procedimento di separazione giudiziale, così decide:
Considerato che per le questioni di affidamento del minore non è competente perché si è dichiarato tale il Tribunale per i minorenni, nulla decide su tale punto; ritenuto, tuttavia, che per le questioni relative all'assegno di mantenimento di moglie e figlio conserva la propria competenza, essendo esclusa quella del Tribunale minorile per le questioni economiche riguardanti soggetti regolarmente coniugati, pone a carico del padre un assegno di mantenimento per moglie e figlio.
Ovviamente appello di entrambe le parti, questa volta davanti alla Corte d'Appello ordinaria, con le seguenti posizioni rispettive:
Per la moglie confermarsi l'incompetenza del giudice ordinario ed affermarsi quella del giudice minorile per quanto riguarda l'affidamento, ma, sulla base della precedente decisione della Corte minorile, disporre l'affidamente in via esclusiva alla madre; per il marito, riformarsi la decisione impugnata perché, come già stabilito dalla Corte minorile, è competente anche per l'affido del minore il giudice ordinario e, quindi, affidamento congiunto.
Naturalmente entrambi i coniugi impugnano, con opposte motivazioni, la decisione del Tribunale sul quantum degli assegni.
La decisione della Corte è attesa tra qualche giorno.
Ma, intanto, mi chiedo: questi coniugi, ufficialmente poveri, quanti denari hanno sottratto al bilancio dello Stato per difese reiterate e discutibili e con quale vantaggio per il loro unico figlio?

5 commenti:

Rodja ha detto...

Salve, sto cercando anch'io di pubblicare in un mio blog le assurdità cui ho dovuto assistere in 20 anni di professione. Forse tante testimonianze insieme faranno scattare un sentimento generale di riscatto.
Verrò spesso a trovarTi.
avv. Cosimo Saracino.

Teti nera ha detto...

Ancora grazie, caro avvocato Saracino e speriamo che qualcosa si muova.

Anonimo ha detto...

E' certamente un caso singolare (mi rifiuto di credere che sia - come dici - un caso "plurale"!); tuttavia è emblematico e dovrebbe suscitare ampie riflessioni. Personalmente ritengo che tutta la materia relativa alla famiglia ed ai minori debba essere "degiurisdizionalizzata" (come poi - di fatto - già lo è!). Bisognerebbe riconoscere valore e dignità giuridica alle Camere di Mediazione e, nei casi come quello da Te prospettato, avviare un serio percorso di mediazione sistemica senza la partecipazione - neanche indiretta - di difensori tecnici (lo dico da avvocato, sapendo di attirarmi le antipatie di alcuni colleghi...)
Toglimi comunque una curiosità: nei procedimenti de potestate è stato nominato un curatore speciale per il minore?
Giuseppe Colaluce
(un cittadino europeo)

Adduso ha detto...

MA PER FARE "UNA GUERRA" CI VOGLIO RISORSE (molta salute, tanti soldi e soprattutto non rimanere soli)

Non vorrei evidenziare fatti personali, ma ogni tanto è necessario portare prove concrete di ciò che si afferma, anche per non dare modo poi di sentirsi dire che si "farnetica".

Per questo qui di seguito riporto una pagina del mio piccolo sito personale e non per farmi pubblicità, bensì per farvi vedere con una prova concreta e documentata che in Italia esiste chiaramente una “organizzazione” politico-istituzionale, magistratira compresa, che decide cosa si deve e non si deve fare e, soprattutto, che ” alza le lance” contro chi denuncia la “politica mafiosa”. http://www.adduso.altervista.o…..Parte1.htm

Un vecchio detto dice: “. per gli ‘amici’ la legge s’interpreta, per gli ‘altri’ si applica”.

Questo è uno Stato che controlla di fatto tutto e c’inganna pure con le liberalizzazioni gestite poi dagli stessi politici ed istituzionali che ne fanno parte direttamente o indirettamente oppure rivestendo cariche onorifiche quando non sono anche consulenti e/o similari.

Questo è uno Stato dove le baronie istituzionali controllano interi distretti giudiziari e contro cui non si può fare nulla e soprattutto parlarne in quanto c’è poi tutta una schiera di giornalisti ed intellettuali prezzolati che sono servi del capitale o zerbini delle istituzioni, pronti a delegittimare ed annichilire chiunque si azzardi ad aprire bocca senza essere allineato.

Questa è un' Italia in cui la presunzione, la prepotenza, la prevaricazione, in una parola la mafia culturale ed intellettuale della politica e delle istituzioni non si può discutere, non si può contestare, poiché è come un dogma religioso e quando non ci si “inginocchia” ti isolano, avvilendoti l’esistenza per piegare ogni e tua civile resistenza forti delle loro leggi 'mafiose' fatte ed applicate in nome di un popolo italiano che esiste solo nelle scritte dei tribunali ma non certo nella mente dei magistrati.

Anonimo ha detto...

la farsa continua.. forse forse ha ragione il berlusca mi sa che la famosa frase che si sente sempre ossia la magistratura deve avere l'indipendenza ossia può fare quello che vuole tanto non paga mai nessuno.