domenica 6 gennaio 2008

I raggiri di Cupido ed i misteri del giudice.

Tizio si ritrova rinviato a giudizio con questo divertente capo di imputazione, frutto della tenacia indagatoria di un solerte P.M.:
"artt.81 cpv. e 640 c.p. per essersi procurato in tempi diversi ed in esdcuzione del medesimo disegno criminoso in ingiusto profitto inducendo Caia a consegnargli assegno bancari dell'importo complessivo di € (una discreta sommetta n.d.r.) con artifizi e raggiri consistiti nel chiederle un prestito promettendole una rapida restituzione, approfittando del loro legame sentimentale e simulando di essere in procinto di assumere un nuovo incarico lavorativo".
Al dibattimento Caia si costituisce parte civile, ammette che al tempo del commesso reato era fidanzata con Tizio, che gli aveva concesso un prestito perché gli voleva bene, ma che poi si era accorta che quello era fidanzato con un'altra.
Il giudice, allora, decide di assolverlo perché il fatto non sussiste con questa motivazione:
"E' forte nel giudicante la consapevolezza che l'unico 'raggiro' ipotizzabile in questo caso sia stato quello inesorabile ed antico architettato da Cupido.
Tale raggiro non ha rilevanza per il reato in esame.
Si impone allora l'assoluzione per insussistenza del fatto, seppure ai sensi del II comma dell'art. 530 C.P.P."
Non è dato di sapere da quale dubbio sia scaturita quell'applicazione del secondo comma dell'art. 530 c.p.p.. Se qualcuno è in grado di formulare qualche ipotesi alternativa può farsi avanti.
Peraltro il giudice ignora sovranamente il disposto dell'art. 542 c.p.p. che, in un caso come questo di reato procedibile a querela ed in presenza di assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste, impone la condanna del querelante al pagamento delle spese processuali e di quelle sopportate dall'imputato, limitandosi a questo semplice dispositivo:
"P.Q.M.
visto l'art. 530 comma II C.P.P. assolve Tizio perché il fatto non sussiste.".

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