lunedì 7 gennaio 2008

Il dubbio del giudice

Tizio risponde del fatto di avere portato in luogo pubblico, insieme ad altre persone, una sbarra di ferro, con la quale sono state provocate fratture alle gambe di un terzo (non risponde invece di concorso in lesioni volontarie aggravate chissà perché).
Al dibattimento l'aggredito, che aveva in precedenza riconosciuto in fotografia Tizio come uno di quelli che partecipava all'agressione, non lo riconosce con certezza.
In questa situazione il giudice, emettendo una sentenza con motivazione contestuale, per prima cosa dichiara:
"Dall'espletata istruttoria dibattimentale non sono emersi sufficienti elementi di prova in ordine alla sussistenza del reato contestato all'imputato".
Proseguendo nel ragionamento e dato atto del contrasto tra il positivo riconoscimento fotografico e quello negativo al dibattimento, trae le seguenti conclusioni:
"Stante il mancato riconoscimento dell'imputato da parte della persona offesa ..... consegue l'invincibilità del dubbio sulla effettiva partecipazione dell'imputato all'episodio oggetto del processo e la sua conseguente assoluzione ex art. 530 co. 2 c.p.p. dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.
P.Q.M.
Visto l'art. 530 co.2 c.p.p. assolve Tizio dal reato ascrittogli in ribrica perché il fatto non sussiste."
A me pare che il giudice non aveva solo l'invincibile dubbio sulla responsabilità, ma anche quello sulla formula da usare. Insomma, dal dispositivo e dalla prima parte della motivazione pare che il giudice dubitasse anche del'esistenza della spranga di ferro; ma dall'esposizione dei fatti e dalle conclusioni che ne trae alla fine di essa, sembrerebbe invece che volesse ritenere l'imputato estraneo al fatto, che però riteneva essere davvero accaduto ad opera di terzi.

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